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Intervista a Elia Origoni: e l’attrezzatura per percorrere a piedi i 7000 km del Sentiero Italia CAI qual è?

7000 chilometri alla scoperta delle terre alte d'Italia

Cecilia Mariani Scritto il
da Cecilia Mariani

Ormai conosciamo bene Elia e l’abbiamo seguito fin dall’inizio della sua avventura. Elia è partito l’8 febbraio da Santa Teresa di Gallura per percorrere a piedi gli oltre 7000 chilometri che separano la Sardegna da Trieste lungo il Sentiero Italia CAI. Un viaggio lento, lungo e impegnativo che Elia sta affrontando senza alcun supporto e completamente da solo. Durante i primi tre mesi di viaggio Elia ha avuto a che fare con condizioni climatiche particolarmente avverse, ma ha anche incontrato un sacco di belle persone.

Elia prima della partenza.

Ma come se la sta cavando in quanto a preparazione fisica e attrezzatura? Tra una tappa e l’altra siamo riusciti a fargli qualche domanda ed ecco cosa ci ha raccontato.

 

Per approfondire leggi anche: Elia Origoni “In solitaria 2021”: 8 mesi, 400 tappe e 7000 km di emozioni

 

Elia, ormai hai già fatto un bel pezzo di strada. Come si è adattato il tuo corpo a camminare tanti chilometri? È stato difficile all’inizio? Hai dovuto fare tanto allenamento?

Prima di partire per me è stato un momento molto sedentario rispetto al normale. È vero che io sono una persona molto attiva, quindi alche “essere sedentari” va preso con le pinze! Avevo molte cose organizzative da sbrigare, e la cosa che più mi spaventava era la traversata a remi che avrei affrontato dopo il primo mese di trekking, quindi gli allenamenti per me erano concentrati principalmente sul canottaggio.

Vista la mia esperienza passata, la traversata delle Alpi da Vienna a Genova, dove mi sono infortunato muscolarmente dopo poco più di una settimana, ho capito che la cosa più importante è saper ascoltare bene il proprio corpo. Ogni minimo dolore può significare tanto, e bisogna saperlo interpretare bene per non doversi fermare. Poi l’allenamento più grosso lo si fa strada facendo, provando ad aumentare ogni tanto chilometri e dislivelli e vedendo come reagisce il corpo! Ovvio, tutto questo se non si ha la pretesa di partire subito “a bomba” perché bisogna battere un record o pensare alla prestazione. Allora in quel caso servirebbe un’allenamento specifico prima!

Elia sulla sua barca a remi durante la traversata da Villasimius a Trapani.

Io mi sono limitato a fare quello che facevo già: una corsetta ogni tanto, un po’ di bici, camminate, ma nulla di specifico. E così facendo il corpo ha capito quello che doveva fare, giorno dopo giorno.. camminare e non fermarsi! Dopo ormai tre mesi sento chiaramente che il corpo si è adattato. Ho alzato la media chilometrica giornaliera di 10 km rispetto alla partenza, arrivando a sera senza problemi. Difficoltà non ne ho avute, credo che la difficoltà più grossa sia psicologica, di testa. E conoscendomi so bene che la mia testa di questi problemi non ne soffre!

 

Parliamo di attrezzatura: è difficile capire esattamente cosa serve per un trekking del genere. C’è qualcosa che ti sta dando problemi e qualcosa che invece funziona bene? Cosa cambieresti?

Avendo già fatto altri trekking lunghi posso dire che sono andato abbastanza a colpo sicuro su quello che mi serviva. Credo di avere ormai un setup ben collaudato per quelle che sono le mie esigenze, e ad oggi non ho avuto ancora nessun problema tecnico (a parte un piccolo difetto di fabbrica del materassino gonfiabile, ma quello è colpa mia che non l’ho provato per bene a casa!).

L’unica cosa che non è perfetta, ma lo sapevo già in partenza, sono i pannelli solari. Credo di avere dietro i migliori ad oggi sul mercato, infatti funzionano molto bene. L’unica cosa è che con tutte le nuvole e la pioggia degli ultimi mesi, ed essendo molte ore in movimento (il che riduce molto l’efficienza del pannello anche se c’è molto sole), non caricano benissimo. Ma ci si arrangia!

Finalmente torna il sole
Tramonto perfetto dalla tenda.

Credo che una delle cose più importanti per un trekking così lungo siano le scarpe. Quanto in fretta si sono consumate le tue? Dovrai cambiarle ancora? Meglio scarpe o scarponi?

Il primo paio di scarponi sono durati 1850 km, direi una durata corretta per il tipo di scarpone che avevo scelto (erano degli scarponcini leggeri da trekking). Durata corretta confermata anche dal fatto che la tomaia (buchi e cedimenti) e la suola (sto testando nuove suole Vibram, vediamo poi il laboratorio cosa dice!) si sono consumate alla stessa velocità.

Sicuramente dovrò cambiarli ancora, ho stimato dalle 4 alle 5 paia di calzature. Con l’utilizzo che si fa normalmente delle scarpe non ci rendiamo mai conto di quanti chilometri facciamo effettivamente. Anche perché molto spesso chi va per monti ha un paio di scarpe leggere da trekking, un’altro magari più robusto ma sempre basso, poi un paio di scarponcini e infine gli scarponi da alta montagna. Usandoli a rotazione in base alle necessità non ci accorgiamo di quanto effettivamente li usiamo! Inoltre, anche se uno usa gli scarponi più o meno quotidianamente (per lavoro perché fa la guida o altro) non credo arrivi a fare 2000 km in due mesi.

Dopo 2000 km è giunto il momento di abbandonare i vecchi scarponi
Dopo 2000 km è giunto il momento di abbandonare i vecchi scarponi.

Sono poi passato alle scarpe basse perché passato l’inverno, dove volevo avere il piede un po’ più al caldo, e conoscendo più o meno il tracciato appenninico che ha molti tratti di strade sterrate, ho voluto provare una calzatura più leggera. Questo sia per far respirare di più il piede e per assicurarmi che si asciughi più velocemente in caso di pioggia. Tanto, anche con uno scarpone, quando prendi una giornata intera di acqua non c’è membrana che tenga e il piede alla fine si bagna!

 

Per approfondire leggi anche: Viaggio nel mondo delle scarpe da trekking

 

Immagino che, con tutto quel camminare, starai bruciando un sacco di energie. Come ti organizzi con il cibo e con l’acqua? Cosa cucini? Usi cibo liofilizzato o prodotti freschi? Dove ti rifornisci?

Il tracciato del Sentiero Italia CAI, soprattutto nelle isole e in Appennino, passa quasi quotidianamente da centri abitati, anche piccoli borghi, dove un alimentari si trova quasi sempre. Evito come la peste i cibi liofilizzati: vanno bene per uno o due giorni, poi senti che il corpo non li assimila bene. Ho provato a mettere giù prima di partire un piano alimentare insieme ad una nutrizionista (Anita Benati) che segue anche squadre sportive, in modo da cercare di assumere ciò che mi serve. Spesso però non è semplice, dovendo fare la spesa in piccoli alimentari e dovendo fare i conti con il peso sulle spalle.

A pranzo mangio sempre freddo (panini di vario tipo), mentre a cena cucino caldo, con la mia fidata Trangia svedese. Prediligo cibi che non sprecano acqua, come riso o cous cous. Ma anche la pasta si riesce a fare senza doverla scolare se si capiscono bene le dosi. Poi condisco il tutto con la fantasia! Da verdure saltate in padella (zucchine, melanzane, ecc..) a sughi pronti, tonno, ragù, panna, piselli, pancetta.. di tutto quindi. A volte uso anche pasta fresca, tipo tortelli o altro. Quando poi c’è la possibilità, un po’ di carne fresca come secondo, comprata dal fidato macellaio di paese, fa molto piacere.

Elia
Pausa pranzo e uno sguardo rapido alla cartina.

Per l’acqua cerco sempre di impostare i miei fine tappa dove so di trovare una sorgente o una fontana. Non sempre però è possibile, e quando non lo è faccio rifornimento all’ultima “stazione di servizio” nota. Ormai so quanta acqua consumo giornalmente e la sera per cucinare, quindi quando è così cerco di prendere il minimo indispensabile per non sovraccaricarmi troppo.

 

Grazie Elia per le tue risposte e i consigli utili. Ovviamente vorremmo sapere altre mille cose ma non ci resta che continuare a seguirti nella tua avventura. Noi continueremo a pubblicare aggiornamenti sul progetto In Solitaria 2021 ogni due settimane qui sul sito di Outdoortest.it. Stay tuned!

 

Per seguire Elia: eliaorigoni.com

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