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Riflessioni sportive: la filosofia del camminare

A cura di Elia Origoni un emozionante racconto intitolato Fuori traccia

Alice Dell'Omo Scritto il
da Alice Dell'Omo

Elia Origoni, aspirante tester di outdoortest.it, condivide con noi questo emozionante racconto sulla filosofia del camminare che intitola Fuori traccia. Buona lettura!

Photo by Michał Parzuchowski on Unsplash

Fuori traccia

“Sulla soglia, metto gli scarponi ai piedi e la mia mente fantastica come se fossi già sui monti. Non resta che partire. Ma l’avventura è iniziata dentro casa, la sera prima. Stavo osservando la cartina nei minimi dettagli, e come mi capita spesso, mi sono trovato a cercare quei simboli stampati sulla carta apparentemente sconnessi dal resto: ponti su fiumi senza però sentieri che passano nei dintorni, croci o simboli di luoghi di culto sperduti nel bosco, alpeggi o case senza collegamenti con il mondo.

Ecco allora che la testa inizia a ricreare un modello tridimensionale di quello che ho stampato sotto il naso. Le sottili curve di livello fanno prendere forma ad un pezzo di carta, tutto decorato dai colori dei boschi, delle radure, dei laghetti e delle formazioni rocciose. Così l’immaginazione vola e, insieme ad una lettura accurata della carta, cerco di capire dove potevano passare un tempo i sentieri.

Photo by KAL VISUALS on Unsplash

Se lì l’uomo c’era andato, doveva anche aver costruito una via di accesso. Vengono in mio aiuto i racconti dei vecchi del paese, ascoltati in qualche serata allegra.

Scendo dalla macchina. Allaccio gli scarponi. Mentre cammino ho bene in mente quanto visto sulla cartina la sera prima e lascio che la curiosità e l’avventura prendano il sopravvento: sono qui per questo. È la necessità di uscire dalla comfort zone, anche durante una semplice escursione. Lasciare il sentiero battuto diventa quasi un’ossessione, ho bisogno di scoprire posti nuovi, al di fuori di ciò che è già tracciato.

Quando dunque i miei piedi, guidati da mente e cuore deviano, mi ritrovo a seguire vecchie tracce di sentiero, ormai non più calcate da decenni dopo l’abbandono degli alpeggi. Tracce che si perdono e che mi portano a vagabondare per prati o boschi. È una magia quando, sotto strati di foglie e terriccio trovo, nel nulla, i resti di scalini in pietra o di muretti a secco. Se gli abitanti di quelle terre passavano di lì, penso allora che i mie passi si stanno muovendo sulla strada giusta.

Photo by Michał Parzuchowski on Unsplash

Lo scarpone affonda stabile nelle foglie e fa perfettamente presa nell’erba alta bagnata. Le gambe fanno più fatica a spingermi dove nulla è battuto avanti a me, ma fa parte del gioco.
È vecchio, il mio scarpone, duro e pesante, e in un’epoca dove la velocità nelle imprese fa da padrona, dove le prestazioni richieste ai materiali si alzano sempre di più, la mia scelta rimane quella calzare il mio vecchio scarpone che assieme a me ha visto neve e ghiaccio, terra e fango.

Dopotutto: per un vecchio sentiero, battuto dagli zoccoli di greggi passate, una suola di primo pelo mi sembra poco adatta.

In alcune occasioni mi sono trovato a tornare a casa guidato dalla sola luce della pila frontale, dopo aver girovagato tra rovi e pantano, con i piedi zuppi e graffi ovunque, o dopo aver passato ore per trovare la via d’uscita in un labirinto di mughi.

Photo by Maximilian Manavi-Huber on Unsplash

Ma non è di certo questo che mi ferma. Il pensiero che affiora è: “tornerò, risolverò il passaggio chiave”. Con il tempo l’esperienza aumenta, riuscendo a decifrare sempre più velocemente i rebus che la natura mi mette di fronte. Ho imparato a muovermi più rapidamente su ripidi pendii scivolosi, individuando in poco tempo la giusta linea di salita o di discesa.

Ho scoperto come si muovono gli animali, riuscendo a riconoscere le diverse tracce a seconda che sia passato di lì un camoscio, un cervo, un cinghiale. Difficilmente si troveranno orme di un’animale insieme a quelle di un’altro, poiché essi si muovono compiendo tragitti diversi e affrontano pendenze differenti a seconda della propria stazza e agilità.

Photo by Michał Parzuchowski on Unsplash

Così anche l’uomo si muoveva in un modo specifico su sentieri con caratteristiche differenti. Se ci passava con il bestiame ad inizio e fine stagione, se si muoveva con le gerle cariche o se lo utilizzava per avvicinamenti a zone di battuta di caccia, le tracce lasciate mostreranno anche questo.

È quindi molto importante sapere se si è alla ricerca di un vecchio sentiero, come veniva utilizzato, per sapere come muoversi, cosa seguire e soprattutto cosa non seguire.

Durante una delle mie escursioni volevo arrivare ad una forcellina utilizzata forse solo molti anni addietro da qualche pastore.

Il meteo non era dei migliori, lessi male gli indizi che la natura mi poneva davanti, ma soprattutto feci troppo affidamento sull’altimetro che, ahimè, aveva perso la taratura per colpa del tempo in continuo mutamento. Mi ritrovai così ad attraversare una stretta cengia rocciosa utilizzata solo dai camosci, notoriamente più agili di noi. Umido, rocce bagnate e tanta nebbia. Non fu sicuramente una bella situazione.

Photo by Fabrizio Conti on Unsplash

Attraversai quei trenta metri o più di roccia. Mi bastò poco per capire che una ventina di metri più sopra c’era un passaggio molto più comodo e sicuro, dove la parete spianava. Anche l’errore fa parte della scoperta, bisogna però riuscire ad analizzare per tempo la situazione, in modo da poter avere sempre la possibilità di tornare indietro: un passo di troppo e in un attimo rischiamo di perdere il controllo della situazione. La montagna è amore, passione, avventura. Montagna che però bisogna prima di tutto imparare a conoscere, rispettare ed amare nel profondo, altrimenti sarà capace di non ridarci più la via di casa.

Arrivato alla meta, quasi mai so cosa mi aspetta esattamente: potrei aver azzeccato e trovare la vetta panoramica che tutti sognano o il passo che mostra nella sua più totale bellezza la vallata sottostante. Forse mi troverò in una fitta boscaglia che si è rimpadronita di quello che un tempo doveva essere un alpeggio verde e rigoglioso.

Photo by Simon English on Unsplash

La soddisfazione però di esser arrivato fin lì, guidato solo dalla cartina e tanta intuizione, è impagabile. Magnifico è ammirare, nelle giornate fortunate, i paesaggi che la montagna ti sta regalando. Laghi incontaminati, malghe sperdute, piccole cime che soltanto i camosci conoscono.

Avventurarmi, scoprire, esplorare, e perchè no, anche incasinarmi, con la sicurezza di saperne venire fuori… quello che in molti chiamano ravanage. Per me è uno dei modi più belli per poter entrare in sintonia con la natura e quanto più la montagna riesce a donare“.

Photo by Pierre Bouillot on Unsplash

Elia Origoni è Accompagnatore di Media Montagna e membro del Soccorso Alpino Lombardo. Sconsigliamo a neofiti di avventurarsi senza adeguate informazioni e suggeriamo a tutti di usare in montagna sempre il buon senso: la sicurezza deve essere sempre al primo posto.


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