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Sergi Mingote e il sogno del K2 d’inverno

L'alpinista catalano del team Millet è in partenza per il Pakistan dove prenderà il via il tentativo di salita al colosso del Karakorum, mai conquistato prima nella stagione fredda

alfredo tradati Scritto il
da Alfredo Tradati

La salita al K2 in inverno… Forse l’ultimo dei grandi problemi irrisolti dell’alpinismo, a detta di molti, che l’alpinista catalano Sergi Mingote cercherà di risolvere. In ogni caso una salita estrema, sotto tutti i punti di vista. La montagna è l’8000 più difficile, più tecnica, più sfidante già nelle stagioni tipiche delle ascensioni in Karakorum e Himalaya. Vento, freddo, valanghe sono elementi sempre presenti che hanno condizionato non poche imprese, con risvolti anche tragici.

Il K2 è detta “la montagna degli italiani“, in virtù della prima ascensione del 1954, compiuta da una spedizione congiunta del CAI, CNR, IGM e Stato italiano. Alla guida Ardito Desio, con i suoi modi autoritari, quasi militari, molto discussi. In vetta Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, mentre Walter Bonatti, giovane alpinista emergente allora, favorì la conquista trasportando le bombole di ossigeno per l’attacco, ma ne fu escluso, rischiando la morte in un epico bivacco notturno a 8100 metri quota.

Sergi Mingote, del team Millet
Sergi Mingote, del team Millet

La storia, oggi, andrà a scriverla proprio Sergi Mingote, vice capo spedizione di questo tentativo di “prima” invernale al K2 organizzato dall’agenzia nepalese Seven Summits Treks, specializzata in questi grandi progetti. Il 19 dicembre gli alpinisti si riuniranno a Islamabad e il 31 saranno al campo base del k2. Nei mesi di gennaio e febbraio, i più freddi in assoluto, attrezzeranno i campi e lanceranno l’attacco alla vetta. E noi li seguiremo.

 

Ecco a voi, l’intervista a Sergi Mingote:

 

Sergi, iniziamo a dire che non sarà la tua prima volta K2. Giusto. Cosa ricordi di quella ascensione?

Ho ricordi sia belli che brutti della mia prima salita del K2. Questa è una montagna che mi ha permesso la salita ma in condizioni molto difficili. Durante la discesa ho avuto molte difficoltà, è stata una delle mie discese più impegnative. Più di 30 ore in condizioni estreme, nevicava molto e c’era tanto vento, eravamo soli. Era una situazione molto complicata ma il K2 è una montagna molto speciale. Probabilmente ha tutto quello che può attrarre un alpinista. Una montagna perfetta. Alta e bella. Sicuramente i miei ricordi sono comunque più positivi.

Sergi Mingote durante la nostra video intervista
Sergi Mingote durante la nostra video intervista
Il K2 è l’ultimo 8.000 che non è ancora stato salito durante la stagione fredda. Per te sarà una prima volta, a queste quote in inverno. Hai fatto una preparazione specifica? Come la pandemia ha condizionato il tuo allenamento?

Ho una certa età, esperienza, e conosco molto bene il mio corpo. L’allenamento è stato simile a quello che ho utilizzato per il progetto dei quattordici 8.000. In effetti la pandemia non mi ha permesso di fare nessun 8000 durante il 2020. Mi sono acclimatando in Cile dove, all’inizio dell’anno ho potuto completare il progetto Olympic Route: attraversare 10 paesi, 7200 Km, 20 cime. Non sono potuto andare in Himalaya e in Karakorum per la pandemia. Il progetto 14/8000 è stato troncato dopo i primi sette traguardi, dopo 844 giorni. Ripartirò in primavera. Ma l’allenamento era molto simile. È un allenamento basato su 3 parti: resistenza, forza e lavoro psicologico. L’ultimo consiste nel ritrovarsi in situazioni simili a quelle che dovrai affrontare nel K2. Forza e resistenza li sto allenando scalando, pedalando in bicicletta e correndo. L’allenamento di forza è applicato a differenti esercizi adattati alla montagna. E anche mi alleno in situazioni di freddo, molto caricato, di notte. Penso che questo tipo di allenamento sia giusto per prepararmi al K2. È vero che sono fortunato di stare nel centro di altro rendimento in Catalogna. Questo significa che mi controllano molto bene, le analisi, l’allenamento, tutto quello che faccio. Tutto questo mi aiuta ad avere un allenamento ai massimi livelli. Io penso che nel mio caso stiamo applicando l’alto rendimento nella montagna. Forse questo è un cambiamento rispetto al passato, romantiche spedizioni lunghe con molto adattamento per la quota. Io intendo stare il minor tempo possibile in quota, essere più rapido, e questo si fa con un alto rendimento.

Sergi si allena per l'impresa
Sergi si allena per l’impresa
La spedizione a cui partecipi, con l’agenzia Nepalese Seven Summits Treks, composta da Sherpa e alpinisti internazionali, è stata la prima a registrarsi quest’anno. Al momento si sa se ce ne saranno altre sulla montagna?

Bene, ora ho ricevuto una chiamata dall’amico Ali Sadpara, compagno Pakistano che credo sia il più forte nel suon paese in questo momento. Con lui ho fatto Lhotse e Nanga Parbat, lui mi ha detto che andrà con Jonny Snorri, un alpinista che ha fatto un tentativo al K2 in inverno l’anno scorso. Quindi io adesso so che io ho la mia spedizione Seven Summits e forse un’altra con Ali Sadpara,  John Snorri e forse un altro alpinista. Al momento so di queste due spedizioni.

Il fatto che la spedizione per un così importante obiettivo sia organizzata da un’agenzia nepalese, è a tuo avviso un segno dei nostri tempi importante? Fino ad oggi, salvo poche eccezioni i più grandi successi in Himalaya sono stati realizzati da alpinisti occidentali, magari coadiuvati (o fortemente aiutati) dagli sherpa…

Si, questa è la realta Himalayaina da molto tempo. Io penso che la maggior parte delle ultime sfide importanti, le scalate più difficili, nella maggior parte dei casi sono compiute da alpinisti occidentali accompagnati da Sherpa, questo per formare una squadra forte. Non importa il tipo di scalata ma spesso lo stile è simile. È possibile organizzarsi con una grande squadra, 10-12 alpinisti provenienti da una nazione oppure una piccola squadra con l’aiuto degli sherpa. Forse la differenza con questa spedizione è che il K2 è un ibrido. Questa ha una parte più commerciale con un forte aiuto di sherpa e di ossigeno. E dopo ci sono gli alpinisti, come noi, che vogliono scalare senza ossigeno. Ma i 2 modi sono complementari e quello è quello che si vive nell’Hymalaia da molti anni.

Un altro momento dell'intervista realizzata da Outdoortest
Un altro momento dell’intervista realizzata da Outdoortest
Ti è stato affidato il ruolo di vice-capospedizione, è la tua prima volta in una grande spedizione con questa responsabilità?

No, mi è capitato in molte altre spedizioni a cui ho partecipato, nell’ultimo progetto di sei 8000 in un anno. Anche in altre spedizioni più piccole in questi casi sono stato leader o coordinatore nella logistica e pianificazione della salita. Suppongo che quando passi molto tempo in montagna, nel mio caso più di 20 anni, è normale che ti propongono questi ruoli con più responsabilità. Questa sarà la mia prima spedizione invernale su un 8000, però non sono preoccupato, siamo una squadra con molta esperienza. Sono molto grato per questa opportunità di essere vice-capospedizione. L’importante è che sarà possibile andare in Pakistan il 19 dicembre per poter fare la spedizione.

La squadra oggi è definitiva? C’è stato nelle settimane scorse un po’ di tam-tam sui nomi degli alpinisti, con con conferme e successive smentite, come quella di Tamara Lunger…

Si, attorno a una spedizione come questa girano notizie da tutte le parti del mondo ogni settimana. Si dice di tutto, io so che in una lista c’era in nome di Tamara ma io non so se lei verrà o no, non ho avuto nessun contatto con lei. Penso che sarebbe una buona incorporazione per il team. Comunque preferisco parlare delle cose che io conosco. Noi stiamo ancora aspettando la conferma definitiva di alcuni membri. Chiunque si aggiungerà sarà ben accolto, siamo un team positivo ed aperto. Più persone preparate faranno parte della spedizione e più il team sarà forte, stiamo pensando di fare 2 squadre o più di lavoro. Stiamo parlando del K2 in inverno. 

Sergi Mingote si avvale della collaborazione del Centro di alto rendimento della Catalogna
Sergi Mingote si avvale della collaborazione del Centro di alto rendimento della Catalogna
Un obiettivo così ambizioso, forse uno degli ultimi grandi problemi in Himalaya (anche se la storia insegna che non ci sono mai ultimi problemi) a tuo avviso oggi può essere affrontato solo con una spedizione numerosa e con attrezzatura pesante?

Io credo che adesso non sappiamo se possiamo salire in inverno. Non sappiamo se riusciremo. Quando mi parlano di attrezzatura pesante, ossigeno o non ossigeno io non so quale sia il miglior modo. Io so come voglio essere io perché è il mio stile andare senza ossigeno. Anche io so che la squadra di Sherpa e quella di lavoro utilizzano l’ossigeno, però non si sa se è possibile salire sopra i 7800 mt. (altitudine che ha raggiunto Denis Urubko con il suo team nel 2003). Il K2 in inverno non è mai stato provato in altre forme, solo con spedizioni numerose e con attrezzatura pesante. Penso che la conquista del K2 in invernale con altri stili sarà una sfida delle generazioni future. Quindi penso che il modo più sensato di affrontare questa montagna sia il tradizionale posizionando dei campi lungo la risalita, molto vicini.

Tuttavia tu hai già confermato di non voler fare uso di ossigeno, fedele alla tua etica. Gli altri membri della spedizione useranno un approccio diverso su questo aspetto? In caso affermativo questo a tuo avviso potrà creare degli attriti all’interno del team?

Io, come ho fatto nel passato, voglio affrontarlo senza ossigeno per una questione di etica. Sappiamo che il team di Sherpa utilizzerà l’ossigeno, questi saranno circa 25. Il team di alpinisti sarà invece composto da 20. In totale penso che il 95% dei componenti utilizzerà l’ossigeno. Il progetto è stato pensato così per fare in modo che ognuno scali alla sua maniera, mentre gli Sherpa utilizzano sempre l’ossigeno. Magari 2 o 3 altri alpinisti stanno pensando di non utilizzare l’ossigeno. Questo non rappresenterà un problema, ho affrontato molte spedizioni con compagni che utilizzavano l’ossigeno. Nell’himalaysmo è come nella vita, bisogna avere una mente aperta: non penso che senza ossigeno sia più puro, ognuno ha le proprie limitazioni e il proprio stile. Entrambi gli stili sono rispettabili. Se mi chiedi se è più difficile senza ossigeno o con… Evidentemente è completamente differente salire un 8000 con ossigeno o senza. Sono molto leciti ed onesti entrambi i modi se rispetti la montagna e dici la verità. Per me quello che è criticabile è chi non dice la verità, alpinisti che dicono che non usano l’ossigeno ma invece lo utilizzano. Questa è la parte brutta della montagna: chi non dice la verità. Qualsiasi progetto è rispettabile se privo di menzogne. Il mio amico Nims Purja ha fatto i quattordici 8000 in un tempo record utilizzando l’ossigeno, lo ha detto e è stato onesto. Il suo progetto è molto rispettabile. Questa è la mia opinione. Gestire la nostra spedizione non sarà sicuramente un problema.

Sergi Mingote: mentalità aperta e una filosofia dell'alpinismo onesta e sincera
Sergi Mingote: mentalità aperta e una filosofia dell’alpinismo onesta e sincera

Sappiamo che parte del materiale della spedizione è già arrivato al campo base. Alcuni osservatori hanno fatto notare che, secondo le “regole” arbitrarie che alcuni alpinisti si sono dati, equivale a iniziare l’ascensione prima dell’inizio della stagione vera e propria… cosa vuoi dire loro?

Ahah. Non voglio dire nulla. Chi mi conosce sa che mai ho parlato degli altri con spirito critico, credo che ognuno posso fare le cose come voglia. Posso solo darti la mia opinione: i membri del nostri team sono ognuno nel proprio paese e non arriviamo in Pakistan fino al 19 di dicembre. Credo che sia stata un’ottima decisione da parte di Seven Summit aver portato un primo carico di materiale con i portatori. Ottimo anche per la salute e la sicurezza dei portatori, in pieno inverno sarebbe molto più pericoloso arrivare con tutto il materiale. Per la questione inverno, penso che noi saremo al campo base verso il 31 dicembre. Faremo tutto il lavoro sulla montagna nei mesi di gennaio e febbraio e alla fine di questo periodo finirà la spedizione. Credo che questo sia inverno puro e questo per me è l’unica cosa che conta. Si sta parlando cosi tanto di questa spedizione che qualsiasi cosa diventa una notizia: incluso se una giacca sia aperta o chiusa. Tutto è opinabile, io sono sempre stato onesto per questo credo tutte le informazioni sono trasparenti e chiare. 

Parliamo di attrezzatura, che in una spedizione invernale diventa ancor più importante e cruciale. Hai lavorato su implementazioni particolari dei capi con il team R&D Millet? Vuoi farci degli esempi?

Si abbiamo fatto in lavoro importantissimo, la verità che sono molto grato all’azienda. Millet sta mettendo tutto il suo impegno per farci avere i miglior materiale. Anche loro hanno fatto qualcosa di molto bello: hanno dato un forte contributo al progetto solidale Unite Foundation, di cui ho l’onore di essere presidente. Stiamo donando 300kg di materiale di prima necessita: scarpe, calze e altri vestiti ad un villaggio Pakistano.   Credo che stiamo lavorando molto bene con il team, siamo stati nella sede di Millet ad Annecy. Abbiamo lavorato molto su svariati aspetti. Uno di questi è la tuta in piuma per le alte quote. Stiamo studiando una nova forma del cappuccio, una nuova protezione. Materiali nuovi con una protezione maggiore, più calda e più leggera. Stiamo lavorando sulle piccozze, le maschere, i guanti, le scarpe. Tanta innovazione che sta portando ad un grosso salto di qualità per il materiale di alta montagna. Sarà sempre più possibile fare spedizioni invernali grazie a questi materiali. Non solo 8000 metri, ma anche altre spedizioni a basse temperature con questi materiali specifici per l’alta montagna invernale. Quest’anno è molto importante per Millet, è il 100° anniversario e noi voglio celebrarlo con questa conquista che entrerà nella storia: l’ultima sfida dell’alpinismo. 

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